Isolamento sociale
By: Risorsa Uomo
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Isolamento sociale
“Mio figlio ultimamente sta sempre in camera sua, sembra completamente disinteressato a parlare con noi ma anche con i suoi amici. Tende ad evitare tutte le relazioni. Gli interessa solo giocare alla playstation per ore. Cosa sta succedendo?”
Essere soli coincide spesso con la condizione di ritrovarsi senza amici, senza legami significativi, senza una rete sociale di supporto, ma può anche essere una sensazione di non aver nessuno accanto a sé nonostante ci si trovi in compagnia.
A volte è una condizione temporanea, di passaggio, magari dovuta ad eventi di vita come la perdita di una persona importante, altre volte è un bisogno di allontanarci dagli altri perché ci sentiamo inadeguati e insoddisfatti di noi stessi.
In altri termini si parla di apatia, ovvero vivere “senza emozione” e senza motivazione. Il soggetto apatico non prova disturbo e disagio per la sua condizione.
Il rischio più significativo è rappresentato da una crescente difficoltà e demotivazione del soggetto nel confrontarsi con la vita sociale che lo porta fino ad un vero e proprio rifiuto della stessa.
In questo caso, quando l’isolamento sociale diventa pervasivo e duraturo si utilizza il termine giapponese “Hikikomori“ che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato in gergo per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori.
È un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi (tra il 70% e il 90%), anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dalle richerche finora condotte. Tale fenomeno insorge principalmente durante l’adolescenza, ma tende a cronicizzarsi con molta facilità e può durare potenzialmente tutta la vita.
Anche in Italia l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. L’hikikomori, infatti, sembra non essere una sindrome culturale esclusivamente giapponese, come si riteneva all’inizio, ma un disagio adattivo sociale che riguarda tutti i paesi economicamente sviluppati del mondo.
Quali sono i principali sintomi?
Nonostante non esista ancora un’ufficiale definizione dell’hikikomoria livello internazionale, il Ministero della Salute giapponese (MHLW) ne ha indicato alcune caratteristiche e sintomi specifici:
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Stile di vita centrato all’interno delle mura domestiche senza alcun accesso a contesti esterni
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Nessun interesse verso attività esterne (come frequentare la scuola o avere un lavoro)
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Persistenza del ritiro sociale non inferiore ai sei mesi
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Nessuna relazione esterna mantenuta con compagni o colleghi di lavoro
Si può escludere la diagnosi di hikikomoriqualora sia presente un disturbo psichiatrico di maggiore gravità che possa sovrapporsi ai sintomi di ritiro sociale (schizofrenia, disabilità intellettiva, depressione maggiore etc) o altre cause che possano meglio spiegare il ritiro sociale.
Questa tipologia di sintomi, per quanto caratteristici, possono variare per intensità e frequenza.
Quali possono essere le cause?
Le cause possono essere varie, tra cui:
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caratteriali: gli hikikomori sono ragazzi spesso intelligenti, ma anche particolarmente sensibili e inibiti socialmente. Questo temperamento contribuisce alla loro difficoltà nell’instaurare relazioni soddisfacenti e durature, così come nell’affrontare con efficacia le inevitabili difficoltà e delusioni che la vita riserva;
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familiari: l’assenza emotiva del padre e l’eccessivo attaccamento con la madre sono indicate come possibili concause, soprattutto nell’esperienza giapponese. I genitori faticano a relazionarsi con il figlio, il quale spesso rifiuta qualsiasi tipo di aiuto;
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scolastiche: il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d’allarme dell’hikikomori. L’ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo. Molte volte dietro l’isolamento si nasconde una storia di bullismo;
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sociali: gli hikikomori sviluppano una visione molto negativa della società e soffrono particolarmente le pressioni di realizzazione sociale, dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire.
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dipendenza da internet: viene spesso indicata come una delle principali cause dietro all’esplosione del fenomeno, ma in realtà essa rappresenta maggiormente una possibile conseguenza dell’isolamento, piuttosto che una causa.
Quando consultare uno specialista?
Al fine di evitare che la situazione peggiori inevitabilmente, è assolutamente fondamentale rivolgersi ad uno specialista non appena ci si rende conto che l’isolamento sta condizionando la vita quotidiana, quando non si ha più voglia di far nulla, non si curano i rapporti sociali, si trascurano i legami familiari e si tende ad evitare qualsiasi situazione che richiederebbe un contatto sociale.
Il trattamento psicologico, spesso accompagnato in una fase iniziale anche da quello farmacologico, deve essere iniziato il più precocemente possibile, cercando di ridurre soprattutto le difficoltà iniziali alla cura tipiche dei pazienti con ritiro sociale.
In questi casi è possibile vincere le resistenze iniziali con un trattamento, almeno inizialmente, a domicilio. Inoltre, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie, è possibile ipotizzare di ridurre le resistenze iniziali attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici per i colloqui.