L’oggetto transizionale

L’oggetto transizionale

La mamma di Martino, un bambino di 2 anni, racconta che non riesce a separarlo dalla sua copertina blu, senza la quale inizia a disperarsi e a piangere inconsolabilmente. Sembra non poterne fare a meno.

E’ normale? Cosa rappresenta per Martino la sua copertina blu?

La copertina blu per questo bambino è ciò che si definisce un “oggetto transizionale”, cioè un oggetto concreto, esterno al suo corpo, che rappresenta il suo primo possesso, al di fuori della dipendenza dalla propria mamma.

Quest’oggetto ha un ruolo importante nello sviluppo del bambino, proprio perché gli permette di sperimentare, per la prima volta, una relazione affettiva con un altro diverso da sé.

Il significato dell’oggetto transizionale

Il ruolo e la funzione di tale oggetto sono stati spiegati in maniera approfondita da Donald Winnicott già nel 1974. Egli ha introdotto questo concetto in psicoanalisi, sostenendo che i bambini appena nati tendono ad usare il pugno o il pollice per stimolare la zona orale ma poi, trascorsi alcuni mesi, tendono ad usare oggetti speciali e ad attaccarsi ad essi in modo da non poterne fare a meno. L’oggetto transizionale ha di solito un potere calmante per il bambino ed egli vi fa ricorso per rilassarsi e dormire.

Gli oggetti transizionali possono essere di vario tipo come copertine, orsacchiotti, bambolotti, ciucci o altri oggetti che circondano abitualmente il bambino. Solitamente sono morbidi, caldi, hanno odori familiari e possono essere manipolati con facilità.

Iniziano ad acquisire importanza quando il bambino, dopo i primi mesi di vita in cui non distingue chi si prende cura di lui come diverso da sé stesso, inizia a percepire che le cose non stanno proprio così. In quel momento, la frustrazione di comprendere che la propria mamma non è un suo dominio incondizionato e che quindi può separarsi da lui, crea una forte angoscia.

Per superare tale emozione spiacevole, il bambino mette in atto una strategia, ovvero attribuisce importanza ad un oggetto che lo circonda, cioè “l’oggetto transizionale”, in modo da sostituire la presenza della mamma quando questa si separa da lui anche temporaneamente, così da averla vicina in maniera simbolica e riuscire a superare la separazione.

Sempre basandoci sugli studi di Winnicott, l’oggetto transizionale accompagna così il bambino alla scoperta del mondo che lo circonda assolvendo ad un compito preciso: creare la realtà oggettiva dell’oggetto e creare la realtà oggettiva del soggetto, la consapevolezza di quel “Io sono” che sarà la base della costruzione della sua identità.

L’adulto come deve gestire quest’oggetto simbolico?

Naturalmente non è l’oggetto in sé ad essere transizionale ma l’oggetto rappresenta la transizione del bambino dallo stato di fusione con la madre ad uno stato di rapporto con la mamma come di qualcosa di esterno e separato. A questo seguirà la scoperta di altre figure e un’iniziale presa di coscienza dell’esistenza di un mondo esterno a sé.

Quindi è assolutamente normale che il vostro bambino si affezioni in maniera significativa ad un oggetto in particolare, anzi, questo passaggio gli permette di crescere e staccarsi progressivamente dalla figura di riferimento.

Proprio per questo carico affettivo, acquista una tale importanza che diventa difficile toglierlo al bambino in molte circostanze, tanto da poter creare un senso di abbandono e solitudine.

In maniera graduale, soprattutto con l’ingresso alla scuola dell’infanzia, il bambino imparerà a gestire l’utilizzo del proprio oggetto transizionale e le emozioni ad esso correlate, vivendone sempre meglio la separazione graduale.

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