La separazione dei genitori: gli effetti sui figli

La separazione dei genitori: gli effetti sui figli

La separazione dei genitori inizialmente rappresenta, per i figli, una minaccia alla propria sicurezza, in quanto mette in pericolo la presenza delle figure di attaccamento. Porta con sé la necessità di rivedere i propri valori e i propri assunti personali. Inoltre, comporta grossi cambiamenti pratici che i figli si ritrovano a subire, e a cui è necessario adattarsi.

Quali sono i fattori facilitanti e ostacolanti l’elaborazione?

Le reazioni dei figli variano in base alle caratteristiche personali e alle caratteristiche della separazione. Gli aspetti che incidono maggiormente nella reazione del figlio sono:

  • l’età e il grado di maturità globale

  • la modalità della separazione e il livello di preparazione emotiva

A seconda della fase evolutiva che il bambino/ragazzo sta vivendo nel momento in cui deve affrontare la separazione, ha a sua disposizione strumenti e modalità differenti:

  • dai 0 a 3 anni: i neonati sono i più protetti dalle conseguenze immediate della separazione dei genitori, sempre che venga garantita loro una relazione di attaccamento stabile e sicura almeno da parte di uno dei genitori. Possono reagire con evidenti regressioni comportamentali: disturbi del comportamento, perdita del controllo degli sfinteri precedentemente acquisiti, suzione del pollice e/o dei capelli, condotte auto-consolatorie. La separazione può suscitare in loro diverse emozioni tra le quali collera, frustrazione e senso di abbandono;

  • dai 3 ai 6 anni: i bambini appaiono molto confusi e insicuri per quanto riguarda i cambiamenti nella loro vita familiare, alcuni si aggrappano alla speranza che i genitori possano tornare insieme e si creano delle fantasie per trovare conforto in esse. Altri bambini avvertono rabbia/aggressività connessa al senso di perdita e di rifiuto che possono reprimere o manifestare nei confronti degli altri, mordendo i compagni di scuola, distruggendo oggetti, andando alla ricerca di animaletti da “uccidere”. Alcuni possono esprimere la propria ansia e insicurezza anche attraverso comportamenti regressivi sul piano delle autonomie personali e/o mostrare comportamenti eccessivamente dipendenti (pianto facile ed improvviso, stati d’irritabilità, alterazione del ciclo sonno–veglia e dell’alimentazione);

  • dai 6 ai 10 anni: i bambini in questa fase acquistano maggiore coscienza delle cause e delle conseguenze della separazione ed è più facile che si schierino dalla parte di uno dei genitori in conflitto. Possono manifestare diverse reazioni: profondo senso di perdita, rifiuto, vulnerabilità e solitudine, sentimenti di vergogna, risentimento per il comportamento dei genitori, forte rabbia e scatti d’ira, dolore e tristezza intensa, sintomi somatici (mal di testa, dolori allo stomaco, stress), frequenti difficoltà di apprendimento, il rifiuto di andare a scuola, silenzio persistente, comportamento trasgressivo;

  • dagli 11 ai 17 anni: i figli più grandi possono essere caricati di una responsabilità crescente per i fratelli più piccoli e delle pretese di un genitore emotivamente dipendente. Frequentemente i genitori si aspettano che i figli più grandi prendano le loro decisioni riguardo alle visite o alla scelta di vivere con uno dei due genitori. I ragazzi sperimentano una situazione di conflitto fra il desiderio di vedere un genitore assente e quello di portare avanti attività con i coetanei. Alcuni manifestano cadute improvvise delle performance scolastiche, relazioni instabili con i coetanei; altri, invece, rafforzano un modello comportamentale con l’incremento delle attività sociali e didattiche all’interno della scuola. Spesso gli adolescenti provano anche paura di creare legami a lungo termine e di fidarsi delle persone, chiusura in loro stessi, fino ad arrivare a manifestare alcune condotte autolesive (suicidi dimostrativi, assunzione di droghe) o devianti.

L’altro elemento fondamentale è rappresentato dal modo con cui i genitori attuano la separazione. Le coppie troppo prese dal proprio conflitto, infatti, tendono pur inconsapevolmente a mettere in secondo piano le necessità psichiche dei figli. L’effetto della conflittualità, spesso sottovalutato dalle coppie in separazione, può essere però fortemente ostacolante per lo sviluppo del bambino/ragazzo.

La sofferenza del bambino:

• aumenta tanto più elevata è la conflittualità tra i genitori;

• aumenta se un genitore abdica ad esercitare le sue funzioni;

• peggiora se il bambino è usato come strumento per attaccare o ferire l’altro genitore;

• peggiora se i conflitti tra i genitori riguardano lui stesso, la sua educazione, le scelte che lo riguardano;

• può generare angoscia e patologia se i conflitti sono continui, segnati da aggressività verbale o fisica.

Quali sono gli effetti del conflitto sui figli?

Quando la conflittualità è molto alta può accadere che i figli siano coinvolti nelle dinamiche aggressive dei genitori: il figlio può diventare così un difensore di uno dei due genitori. La richiesta di schierarsi, se in un primo momento può essere accolta dal figlio in modo positivo perché si sente importante o sente di avere un controllo sulla situazione, lascia spesso il posto al senso di colpa nei confronti dell’altro genitore e anche al timore delle reazioni di quest’ultimo.

In altri casi entrambi i partner eleggono il figlio a ‘giudice’del conflitto, una triangolazione che porta ad un doloroso conflitto di lealtà e frequentemente ad una dipendenza emotiva dal genitore che risulta vincente: succede che il figlio avverta di ricevere l’affetto a patto che dia ragione all’uno o all’altro, una rappresentazione che tenderà a estendere ad altre situazioni relazionali.

Frequentemente i figli sono esposti anche a comportamenti di strumentalizzazione: attraverso il bambino/ragazzo l’ex-coniuge comunica o avanza richieste inerenti la separazione. Ciò ancora una volta “insegna” al figlio che l’assunzione di responsabilità non è consigliabile o, di contro, che lui deve pensare a tutto in prima persona.

In alcuni casi si verifica un accudimento invertito: al figlio viene chiesto di lenire il dolore dei genitori. Il bambino/ragazzo, offrendo il proprio sostegno progressivamente può accantonare i propri bisogni e le proprie emozioni, rendendosi sempre più incapace di riconoscerle e dar loro valore.

Infine a volte capite che il figlio sia esposto a continue bugie e messaggi ambigui,che favoriscono la costruzione di un’immagine del mondo come luogo difficile da decifrare e da controllare. Può succedere in questi casi che, dopo un iniziale periodo di richiesta ossessiva di chiarimenti, il figlio smetta di porre domande alimentando così nei genitori la convinzione di averlo protetto dalla sofferenza; nei fatti, soprattutto nel lungo periodo, possono però esserci ripercussioni sul senso di identità e sulla capacità di riconoscere e modulare le emozioni.

Che fare?

Quando una coppia ha deciso di separarsi una mediazione familiare può facilitare quella riorganizzazione familiare capace di mitigare gli effetti del conflitto sui figli: la Mediazione Familiare, lavorando al raggiungimento e alla stesura di un accordo condiviso e agendo sulla responsabilità genitoriale, permette di creare dinamiche collaborative tali da dare a tutti il miglior vantaggio possibile.

Oltre questo tipo di percorso, che già da sé in molti casi ha effetti positivi nei figli (che non sono direttamente coinvolti nel percorso), può essere utile aiutare i figli attraverso

un sostegno psicologico, spazio nel quale potranno elaborare la separazione dei genitori e riscostruire una narrazione coerente di sé stessi e del mondo alla luce dei cambiamenti avvenuti o che stanno avvenendo introno a loro.

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